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ARTROSI (OSTEOARTROSI)
Lo scheletro, che rappresenta
l'impalcatura reggente i nostri organi, consente il movimento del corpo
nello spazio non solo per l'azione dei muscoli e tendini, ma anche per la
presenza sulla superficie ossea di strutture "specializzate" le quali permettono
lo spostamento di un segmento osseo rispetto ad uno o più adiacenti.
Tali strutture vengono definite articolazioni. Esse, pur essendo
intimamente connesse all'osso a cui appartengono, differiscono profondamente
da esso per la struttura.
L'osso viene progettato dalla Natura per resistere, oltre che al carico,
a sollecitazioni di flessione-torsione trasmesse dall'apparato muscolotendineo
durante le fasi di contrazione-rilascio di una qualsivoglia attività fisica.
L'articolazione, che permette il movimento tra diverse ossa, è concepita
come un ammortizzatore che consente lo scivolamento a basso attrito, sotto
carico elevato mediante assorbimento elastico delle strutture che la compongono.
Infatti, con il termine articolazione si definisce un insieme di tessuti
organizzati e strutturati per assolvere al compito descritto.
Struttura anatomica
Quando due o più capi ossei si articolano, le superfici di contatto vengono racchiuse da un tessuto fibroso, detto capsula, al cui interno è adesa una membrana giallastra detta sinoviale. La superficie articolare si presenta liscia, color madreperlaceo, elastica al tatto, poggiata su osso detto subcondrale. Le cellule che la costituiscono si chiamano condrociti, immersi in una matrice ad alto contenuto acquoso (fino al 80% del totale), formata da proteine (collagene e proteoglicani). La cartilagine, che non possiede una vascolarizzazione propria, viene nutrita da due differenti fonti; in misura minore per diffusione dai vasi che irrorano l'osso subcondrale e principalmente per imbibizione della superficie, mediante l'aumento di pressione che si verifica nella camera articolare durante il movimento, da parte del liquido prodotto dalla membrana sinoviale. Essa infatti produce questo liquido, viscoso e ricco di principi nutritivi, il quale, steso in un film su tutta la superficie articolare, svolge la duplice funzione di nutrire la cartilagine e di lubrificarla diminuendo l'attrito. All'interno del liquido si trovano anche i prodotti di scarto del metabolismo dei condrociti alla cui eliminazione provvede la membrana sinoviale mantenendo costante l'equilibrio tra liquido prodotto e riassorbito.
L' artrosi indica un processo
degenerativo non infiammatorio a carico delle articolazioni, progressivo,
a localizzazione mono-poliarticolare, con alterazioni a carico della cartilagine
e formazione reattiva di tessuto osseo a livello subcondrale e dei margini
articolari.
Ogni articolazione, quindi, può essere interessata da un processo artrosico
anche se vi sono sedi che più frequentemente vengono colpite, quali spalle,
mani, rachide cervicale e lombare, coxo-femorali (articolazione dell'anca)
e ginocchia.
Essa può esistere come manifestazione primaria
(o idiopatica) oppure quale manifestazione secondaria
ad altre patologie.
Nel primo caso, ovvero come primaria o idiopatica, l'artrosi non riconoscerà
alcuna causa o concausa di insorgenza del processo patologico, mentre nel
secondo, al contrario, si ravviserà una relazione tra lo sviluppo del processo
artrosico e patologie preesistenti.
Quadro clinico
Dolore, limitazione funzionale, rigidità articolare, soprattutto al risveglio, sono tratti comuni di un'articolazione artrosica; ad essa si può associare un aumento volumetrico legato a diversi fattori quali il versamento endoarticolare, causato dal tessuto sinoviale irritato, e la formazione di osso ai margini articolari. Sovente al movimento l'articolazione produrrà rumore di "scroscio": esso è legato allo sfregamento delle superfici articolari che essendo divenute scabrose, in seguito alla malattia, hanno perduto la levigatezza originaria.
Il dolore nelle fasi iniziali
risente soprattutto di fattori di tipo meccanico; pare infatti che diverse
componenti articolari concorrano nella "produzione" dello stimolo doloroso.
Sicuramente l'aumento di pressione all'interno dell'articolazione dovuto
all'irritazione della membrana sinoviale (sinovite) ed all'aumento del liquido
da essa prodotto produce una distensione della capsula articolare, dolorosa.
Quando l'articolazione colpita fosse sottoposta a carico, come nel caso
dell'anca o del ginocchio, l'aumento di pressione aumenterebbe la tensione
capsulare e di riflesso il dolore.
Altro fattore responsabile del dolore pare essere la stimolazione periostale,
ovvero della membrana riccamente innervata e vascolarizzata che avvolge
le ossa da parte della neoformazione ossea reattiva, così come l'aumento
di microfratture dell'osso, per l'alterazione del carico, può evocare dolore.
A conferma dell'origine "meccanica" del dolore, come è esperienza comune
a chi soffre di artrosi infatti, è il sollievo articolare che si prova con
il riposo.
Presente al risveglio o dopo un periodo di immobilità, è solitamente di breve durata, meno di mezz'ora, accompagnata da senso di insicurezza e cedimento articolare soprattutto sulle articolazioni portanti (anca, ginocchio, caviglia). Spesso questo, a dispetto del dolore, è il fattore che più preoccupa chi è affetto da artrosi e lo induce a consultare il medico.
La limitazione dei movimenti articolari è espressione visibile e frequente dell'artrosi manifesta. All'inizio della malattia non è altro che la volontà dell'artrosico di non evocare il dolore limitando l'escursione articolare che, per altro, mantiene intatto il proprio arco di movimento. Successivamente, sia per le deformità prodotte sulle superfici articolari che per la retrazione dei tessuti articolari e periarticolari (capsula, legamenti, fasce, muscoli e tendini), la limitazione diviene effettiva con effetti che possono condurre a disabilità di vario grado.
L'artrosi trapezio-metacarpale o rizartrosi predilige il sesso femminile, compare tra i 50 ed i 60 anni, colpisce più frequentemente un lato. La deformità che provoca a livello articolare è assai dolorosa, tanto da impedire il riposo notturno, invalidante poiché, impedendo la normale funzione del pollice sia nella presa grossolana che nei movimenti fini, quali il disegno ricamo ecc., influisce gravemente sulla qualità della vita di chi ne è affetto.
Artrosi primaria o idiopatica
Localizzata:
Mani (noduli di Heberden e Bouchard, artrosi erosiva, artrosi trapezio metacarpale) | |
Piedi (alluce valgo, alluce rigido, dita a martello) | |
Ginocchio (compartimento laterale, mediale, femoro-rotuleo, condromalacia di rotula) | |
Anca | |
Colonna (apofisaria, intervertebrale o discale, spondilosi osteofitica…) | |
Altre sedi singole (spalla, temporo-mandibolare, caviglia) |
Generalizzata:
Piccole articolazioni (periferiche) e colonna | |
Grandi articolazioni e colonna | |
Articolazioni miste e colonna |
Post-traumatica:
Distorsioni - lussazioni - fratture |
Da malattie congenite, acquisite o dello sviluppo localizzate:
Malattia dell'anca (morbo di Legg-Calvè-Perthes, displasia congenita dell'anca, epifisiolisi) | |
Da fattori meccanici (varismo, valgismo, dismetria degli arti inferiori, scoliosi, miscrotraumi…) | |
Da congelamento |
Da malattie congenite, acquisite o dello sviluppo generalizzate:
Displasie ossee (displasia multipla epifisaria, displasia spondilo-epifisaria) | |
Sindromi da ipermobilità | |
Malattie metaboliche (obesità, diabete, gotta, emocromatosi,emoglobinopatie…) | |
Malattie endocrine (acromegalia, iperparatiroidismo) |
Da depositi di sali di calcio:
Condrocalcinosi (pirofosfato di calcio, diidrato) | |
Idrossiapatite ed altri fosfati basici di calcio | |
Artropatia destruente (spalla , ginocchio…) |
Da altre malattie osteoarticolari:
Osteonecrosi asettica | |
Malattia di Paget | |
Artriti infettive e tubercolari | |
Artrite reumatoide e spondiloartriti | |
Artropatie neuropatogene (Charcot-joints) | |
Osteocondromatosi |
Ogni condizione capace di alterare
la normale biomeccanica articolare, da sola o con il concorso di altri fattori
(ad esempio predisposizione genetica), può innescare un processo la cui
tappa ultima consisterà in una artrosi.
Displasia dell'anca, scoliosi, gotta, artrite reumatoide etc. sono solo
alcune delle condizioni che possono comportare "disagio" meccanico, capace
di concludersi con un quadro artrosico.
L'associazione di obesità ed artrosi, specie a livello di alcuni livelli articolari, risulta ben documentata; si è rilevato in particolare una relazione tra artrosi di ginocchio, "gonartrosi", ed obesità. Da sottolineare altresì l'associazione tra obesità ed artrosi delle mani e di altri distretti non particolarmente sottoposti a carico, indicante una ripercussione sul processo artrosigeno del metabolismo e della distribuzione dell'adipe nell'obesità. Uno stato di sovrappeso nel terzo decennio di vita può ritenersi predittivo nei confronti della artrosi di ginocchio che si manifesterà assai più tardi, dopo 20-30 anni.
Prevalenza degli obesi negli
artrosici
Il peso corporeo era del 10-30% sopra la norma nei due terzi degli obesi
|
Ipermobilità articolare o lassità legamentosa
Cinque volte più frequente nel
sesso femminile, caratterizzata da un aumentata escursione articolare (
in particolar modo nell'estensione attiva e passiva ) è condizione preartrosica.
Non esiste a tutt'oggi una spiegazione della ipermobilità ma si ipotizzano
delle anomalie ereditarie del tessuto connettivo.
Il termine indica un'alterazione della normale morfologia articolare che usualmente avviene già durante il periodo fetale. Se non viene riconosciuta e curata per tempo un articolazione displasica è destinata a sviluppare un'artrosi secondaria anche precocemente.
L' articolazione più frequentemente
colpita è l'anca, con maggior incidenza del sesso femminile, e con varietà
di quadro clinico che può arrivare attraverso vari stadi alla lussazione
dell'anca.
Sono anche da ricordare, causate da varie patologie dell'età dell'accrescimento,
le alterazioni del fisiologico asse tra la testa del femore ed il collo
femore che possono causare sia la "coxa vara" che la "coxa valga"
il cui risultato sarà un'artrosi d'anca da giovane adulto.
Indica un alterazione della normale
formazione di osso, "osteogenesi", e di cartilagine, "condrogenesi",
su un processo di accrescimento normale. Colpisce entrambi i sessi, predilige
lo scheletro in accrescimento e riconosce come causa una sofferenza vascolare,
simile alla necrosi asettica dell'adulto.
Quando interessa le superfici articolari o le cartilagini d'accrescimento,
ovvero le aree dello scheletro deputate all' allungamento dell'osso durante
la crescita, provoca delle deformità che possono condurre ad artrosi secondaria
precoce.
Osteocondrosi della testa femorale (malattia di Legg-Perthes-Calvè)
Colpisce tra i 4 e 8 anni, con maggior frequenza i maschi, interessando solo un arto. La regione interessata è l'epifisi prossimale di femore; la causa sembra essere un deficit vascolare. La sintomatologia, qualora si manifesti, consiste in dolore all' anca interessata e zoppia. Se riconosciuta e trattata per tempo guarisce lasciando postumi irrilevanti , in caso contrario permangono deformità sia della testa che del collo femorale con aumentato rischio di sviluppare un'artrosi d'anca per lo squilibrio meccanico.
Osteocondrosi del condilo femorale (malattia di Konig)
Colpisce più frequentemente i condili femorali mediali (articolazione del ginocchio), il sesso maschile in età adolescenziale, riconosce un carattere familiare. La sintomatologia è costituita da dolore, versamento articolare e compare spesso dopo un trauma al ginocchio. Se non riconosciuta a correttamente trattata può ledere seriamente l'articolazione del ginocchio provocando una degenerazione precoce.
Osteocondrosi vertebrale giovanile (malattia di Scheuermann)
E' un affezione non rara, più frequente nel sesso maschile, insorge tra i 10 ed i 16 anni in individui di aspetto longilineo. Colpisce i corpi vertebrali dorsali deformandoli a cuneo; la schiena tenderà quindi ad accentuare la fisiologica curvatura dorsale, "cifosi". La deformità sembrerebbe causata da un eccessivo carico sulle vertebre in relazione alla qualità della matrice ossea in accrescimento. Completato l' accrescimento una colonna siffatta sarà una colonna rigida e con zone di sovraccarico legate all'alterata statica e conseguenti aree di degenerazione articolare con dolore.ù
Tibia vara (malattia di Blount)
E' un disturbo della crescita
della porzione mediale della cartilagine d'accrescimento dell' episi prossimale
di tibia (parte tibiale dell'articolazione del ginocchio).
Può colpire nei primi anni di vita, forma infantile, o più avanti nell'adolescenza.
La prima forma, più frequente, interessa nel 60% dei casi entrambe le articolazioni
e consiste nell'accentuazione della fisiologica curvatura della tibia. La
deformità sembra favorita dal carico precoce, dall'obesità
e dalla lassità
legamentosa che creerebbero un'abnorme pressione sul comparto mediale
della cartilagine d'accrescimento.
Il quadro nell'adolescente è per il 90% monolaterale, senza causa apparente.
Il difetto, sia che insorga in età infantile che in quella più avanzata,
se non riconosciuto e corretto altera la statica della tibia esponendo l'articolazione
del ginocchio ad un precoce instaurarsi di un processo artrosico.
Il termine indica la morte dei
costituenti cellulari del midollo osseo e dell'osso maturo, quindi dell'adulto,
in conseguenza di eventi ischemici, ovvero di diminuito o cessato flusso
sanguigno all'osso.
Le osteonecrosi asettiche si distinguono in idiopatiche o primitive
e secondarie.
Le prime non riconoscono cause precise mentre le seconde sono dette iatrogene,
in seguito a particolari terapie quali la terapia radiante o con cortisonici
ad alto dosaggio, post-traumatiche in seguito a lesioni vascolari per traumi,
da embolie per barotraumi (attività subacquee) o per alterazioni delle componenti
ematiche, da alterazioni metaboliche come l'alcolismo, la gotta ecc., da
vasculiti ovvero infiammazione delle pareti vascolari.
Tra i distretti più colpiti e che maggiormente possono poi sviluppare un
artrosi ricordiamo la coxo- femorale (articolazione dell'anca), il ginocchio,
la testa omerale (articolazione della spalla) e l'astragalo (articolazione
della caviglia).
Il risultato del processo osteonecrotico è una deformità dell'osso colpito,
che a volte si frammenta, con incongruità articolare a cui consegue un'usura
delle superfici articolari e l'instaurarsi di un processo artrosico.
L'aumento dell'età media della popolazione, l'incremento
dell'uso dell'automobile e della patologia da traffico, le occupazioni sedentarie
con posizioni del capo obbligate, espongono le superfici articolari delle
vertebre cervicali al rischio di degenerazione artrosica che talora si manifesta
con sintomatologia polimorfa.
Infatti, accanto a quadri di semplice dolenzia nucale, pur in presenza di
radiogrammi che evidenziano artrosi di grado elevato, si rilevano sintomatologie
molto complesse e debilitanti quali cefalea e dolore nucale,vertigini, limitazione
funzionale del collo su tutti i piani, disturbi sensitivi ad uno od entrambi
gli arti superiori.
La spiegazione di tale sintomatologia, una volta che un accurato esame medico
e degli esami approfonditi abbiano escluso altre patologie concomitanti,
risiede nella particolare struttura anatomica funzionale del rachide cervicale:
questo sorregge il capo, ne consente i movimenti nello spazio, accoglie
e protegge il midollo spinale permettendo l'emergere dallo scheletro delle
radici nervose che consentono il movimento del collo, degli arti superiori
e delle spalle e forniscono a questi la sensibilità. Il processo artrosico
in tal caso non solo limita l'attività articolare ma per "contiguità" irrita
le radici nervose che sono a contatto con gli spazi articolari provocando
una sintomatologia nevritica assai dolorosa.
In realtà la mano per la sua complessità articolare può venire colpita da un processo artrosico a differenti livelli; come si vede dalla figura l'artrosi può interessare l'articolazione metacarpo falangea, le articolazioni interfalangee sia prossimali che distali e la trapezio metacarpale (rizartrosi).
Le artrosi metacarpo-falangee
colpiscono per lo più i maschi forti lavoratori manuali (carpentieri, contadini,
giardinieri, muratori che utilizzino martelli pneumatici) talune attività
sportive (pugilato) e frequentemente i pianisti. L'articolazione si presenta
deforme scarsamente dolorabile.
L'artrosi delle interfalangee colpisce più frequentemente le distali, il
sesso femminile e sembra prediligere chi è dedito a lavori domestici con
frequente contatto con l'acqua. Nella fase conclamata della malattia si
avrà limitazione funzionale delle dita soprattutto nei movimenti fini, per
l'atteggiamento in flessione e la tumefazione nodosa che deforma l'articolazione.
La artrosi trapezio-metacarpale o rizartrosi predilige il sesso femminile, compare tra i 50 ed i 60 anni, colpisce più frequentemente un lato. La deformità che provoca a livello articolare è assai dolorosa, tanto da impedire il riposo notturno, invalidante poiché impedendo la normale funzione del pollice sia nella presa grossolana che nei movimenti fini, quali il disegno ricamo ecc., influisce gravemente sulla qualità della vita di chi ne è affetto.
Artrosi dell'anca (Coxartrosi)
L'artrosi dell'anca per la gran
parte dei casi è secondaria ad altre patologie che costituiscono, come si
è brevemente illustrato prima, dei fattori favorenti l'insorgere della malattia.
Colpisce più frequentemente le donne sopra i 50 anni.
Caratterizzata da un dolore sordo in regione inguinale e/o glutea, che si
aggrava con la stazione eretta prolungata o con lo sforzo, via via che la
degenerazione articolare procede tende ad estendersi venendo riferito anche
alla coscia ed al ginocchio.
La limitazione articolare che si accompagna tenderà a ridurre l'arco di
movimento dell'anca in tutti i suoi piani rendendo difficoltose attività
banali quali alzarsi da seggiole basse, infilarsi calze e scarpe, entrare
nella vasca da bagno. Ovviamente anche la deambulazione non sarà più fisiologica,
soprattutto sui terreni accidentati ed in salita, obbligando a "scaricare"
l'appoggio sull'anca malata mediante inclinazione del bacino e sovraccarico
della regione lombare.
Artrosi di ginocchio (Gonartrosi)
La localizzazione al ginocchio
è la più frequente ed una delle più disabilitanti; maggiormente colpito
il sesso femminile.
Sicuramente vi è un nesso tra sovrappeso, lassità legamentosa, difetti assiali
(ginocchio varo o valgo), sedentarietà ed artrosi di ginocchio.
Il dolore è il campanello d'allarme principale. Assente a riposo compare
con la stazione eretta o deambulando; peggiora decisamente deambulando su
fondi sconnessi od in salita. Altro segnale è "l'incertezza" accusata ginocchio
subito dopo essersi alzati dalla posizione seduta così come lo "sbandamento"
mostrato nei primi passi dopo una prolungata posizione seduta.
Il dolore dopo sforzo, anche banale, così come la consapevolezza che il
riposo evita il dolore induce l'artrosico alla sedentarietà che non favorisce
il recupero articolare.
Con l'andare del tempo l'articolazione diviene sempre più limitata nel movimento
impedendo attività quotidiane, quali scendere e salire le scale o chinarsi
sulle ginocchia, rendendo scadente la qualità di vita.
Prevenzione
Prima di affrontare a quali terapie
possa sottoporsi chi è affetto da artrosi è necessario brevemente affrontare
il capitolo della prevenzione dell'artrosi.
Essendo una malattia degenerativa articolare, la prevenzione deve volgere
l'attenzione a ridurre ed eliminare i fattori di rischio e/o aggravamento
onde ritardare od arrestare l'evoluzione della malattia.
Vi sono condizioni che da sole, o più frequentemente in associazione, possono
nel tempo favorire l'insorgenza o l'aggravamento di un processo artrosico.
La prima è meccanica ovvero legata alla mobilizzazione incongrua articolare.
L'articolazione, come si è detto, è concepita come un ammortizzatore che
consente lo scivolamento a basso attrito e sotto carico elevato mediante
assorbimento elastico delle strutture che la compongono. Per mantenersi
sana ed efficiente essa necessita di movimento che consenta il fisiologico
metabolismo della cartilagine articolare. La sedentarietà o peggio l'immobilità
articolare divengono quindi potenziali fattori di rischio artrosico.
Al contempo, un iper-uso od abuso articolare, sottoponendo un'articolazione
ad eccessivo e ripetitivo carico di lavoro, conduce ad "un'usura" articolare;
possiamo qui ricordare che vi sono attività lavorative (agricoltori, addetti
a martelli pneumatici, autisti, impiegati alla scrivania, pianisti, violinisti,
ballerine…) o sportive (giocatori di football, ciclisti, pugili…) che in
virtù delle specifiche attività tendono a sviluppare artrosi delle articolazioni
più impegnate nell'attività.
E' ragionevole pensare che il sovrappeso o, peggio, l'obesità
danneggino la salute articolare per lo stress meccanico cui sottopongono
le strutture; bisogna però ricordare che recenti studi, ancora oggetto di
discussione, hanno messo in relazione l'alterato metabolismo degli zuccheri
e dei grassi, negli obesi, con il danno prodotto a livello articolare.
Infatti, anche coloro che hanno disordini metabolici, iperuricemia o gotta
per esempio, o disordini endocrini, come il diabete, sono statisticamente
più esposti a sviluppare un'artrosi.
Da quanto brevemente scritto si può dire che la prevenzione dell'artrosi
è affidata ad una serie di norme igieniche di vita ed al controllo della
salute del proprio organismo.
Terapia
Oltre alla terapia farmacologica,
basata per la maggior parte dei casi sulla categoria dei farmaci antinfiammatori
non steroidei (FANS), ed alla terapia fisica (Ultrasuoni, Radarterapia,
Marconiterapia, TENS) ricordiamo la Chinesiterapia e la Fangobalneoterapia.
Nel primo caso si distingue tra attiva e passiva. Lo scopo della chinesiterapia
è quello di facilitare e conservare la mobilità articolare, ridurre gli
effetti della ipotrofia muscolare legata allo scarso utilizzo articolare,
combattere le posizioni viziate e favorire l'apprendimento di posture e
movimenti corretti. Le tecniche mediante le quali la chinesiterapia esplica
la sua funzione sono riassumibili nel seguente schema:
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La prescrizione della chinesiterapia è un atto medico che segue una corretta
diagnosi ed una conoscenza delle varie tecniche utilizzabili, della loro
efficacia e delle relative controindicazioni. Sovente si assiste ad un autoprescrizione
di chinesiterapia eseguendo pratiche di "ginnastica" a domicilio od in palestra
nella convinzione di effettuare movimenti articolari corretti e benefici
con esiti incerti ed anche controproducenti.
La fangobalneoterapia attraverso
bagni, fanghi, grotte e vaporari esplica sulle articolazioni artrosiche
un benefico effetto attraverso meccanismi solo in parte conosciuti. Essa
infatti diminuisce lo stato di flogosi dell'articolazione artrosica, possiede
effetti positivi sul metabolismo del tessuto cartilagineo inducendo una
"riparazione" tissutale.
La fangobalneoterapia, presentando controindicazioni assolute e relative,
necessita di prescrizione medica.
CONTROINDICAZIONI FANGOBALNEOTERAPICHE
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Chirurgia ortopedica
Quando la patologia artrosica, proseguendo il proprio decorso, non risponda
più a terapia farmacologica, fisica o chinesiterapica facendo scadere la
qualità della vita sia per il dolore incessante che per la limitazione funzionale,
diviene risolutiva la chirurgia ortopedica attraverso soluzioni operatorie
di diverso impegno.
Sicuramente efficaci, soprattutto
nei difetti di allineamento articolare, sono le osteotomie (ovvero sezioni
ossee al di fuori dell'articolazione atte a risitabilire il corretto asse
articolare). Il procedimento, da eseguirsi precocemente quando la cartilagine
articolare abbia ancora sostanziale salute, ha il vantaggio di non sacrificare
l'integrità dell'articolazione e solleva dal dolore permettendo il mantenimento
della funzionalità articolare.
Al contrario delle osteotomie, le artrodesi indicano interventi in cui i
capi articolari artrosici vengono dal chirurgo "fusi", sì che da due o più
ossa articolate si venga a creare un unico segmento osseo. La indicazione
ad artrodesi è dettata dalla locazione dell'articolazione artrosica, dalle
condizioni generali e dall'età del paziente.
La pulizia articolare o debridment indica l'asportazione chirurgica
di frammenti articolari "levigando" le superfici onde ritardare interventi
più radicali; negli ultimi tempi a tale metodica si associa il trapianto
nelle aree artrosiche di tasselli di cartilagine prelevati da regioni articolari
meno sollecitate. I risultati di tali soluzioni al momento sembrano soddisfacenti
anche se uno studio a distanza nel tempo (follow-up) dei risultati non è
ancora disponibile.
Accanto alle soluzioni chirurgiche brevemente illustrate, notevole sviluppo,
negli ultimi decenni, ha conosciuto la chirurgia protesica con soddisfazione
dei pazienti e dei chirurghi.
Il progresso tecnologico nella produzione di materiali protesici biocompatibili
a basso attrito, associato al perfezionamento di tecniche chirurgiche e
pratiche anestesiologiche, ha consentito a migliaia di pazienti, altrimenti
costretti all'immobilità ed alla sofferenza, di sostituire articolazioni
"divorate" dall'artrosi. Tra le protesi articolari più diffusamente impiantate
ricordiamo quelle per anca, ginocchio e spalla.