TROVATO SU: http://www.pacs.unica.it

Università di Cagliari

Allergologia ed Immunologia Clinica

Prof.Paolo Emilio Manconi

gennaio 2000

 

AMILOIDOSI

(con la collaborazione del dott. M. Torrazza)

INTRODUZIONE

L’amiloidosi è un gruppo di patologie, eterogenee dal punto di vista clinico, caratterizzate dalla deposizione negli spazi extracellulari, in vari organi e tessuti, di una sostanza proteica costituita da fibrille insolubili e resistenti alla proteolisi, dette "fibrille amiloidi".

Nel 1853 il patologo tedesco Virchow descrisse questa sostanza e la denominò "amiloide", ritenendola erroneamente simile all’amido o alla cellulosa.

L’amiloide è eosinofila, PAS-positiva e ha affinità per il rosso Congo, con cui appare rossa al microscopio in luce normale e verde mela al microscopio in luce polarizzata. Intorno al 1950 con il microscopio elettronico si scoprì che l’amiloide è composta da fibrille aggregate. Alla diffrazione a raggi X, le singole fibrille sono formate da catene polipeptidiche con configurazione "a foglietto ripiegato di tipo b". Benché l’amiloide appaia omogenea e uniforme, con tecniche immunoistochimiche basate sull’utilizzo di antisieri specifici si è visto che essa è composta da proteine fibrillari diverse, con differente sequenza aminoacidica, a seconda della sua eziologia e delle manifestazioni cliniche ad essa collegate.

Classificazione. Si fonda sulla natura biochimica dei precursori plasmatici delle proteine che formano le fibrille. La deposizione della sostanza amiloide può essere localizzata o sistemica. Nel primo caso è limitata ad alcuni organi (tra cui ghiandole endocrine e sistema nervoso centrale), come accade nell’invecchiamento e nel diabete mellito di tipo II. Le amiloidosi sistemiche sono invece caratterizzate dall’interessamento di molteplici apparati e riconoscono un’origine neoplastica, infiammatoria, genetica o iatrogena. Secondo le linee guida proposte nel 1990 dal Nomenclature Committee of the International Society for Amyloidosis, le varie forme di amiloidosi sono indicate con la lettera A seguita dal tipo di proteina coinvolta (vd. tabella 1).

Proteina amiloide Precursore proteico Quadro clinico
AA apoSAA Secondaria

Febbre mediterranea familiare

AL Igl, Igk Primaria

Associata a mieloma multiplo

AM b2-microglobulina Emodialisi cronica
Ab Precursore proteico b Malattia di Alzheimer

Sindrome di Down

AIAPP Polipeptide amiloide delle

isole pancreatiche

Diabete mellito di tipo II

Insulinoma

AANF Peptide natriuretico atriale Amiloidosi cardiaca senile
ATTR Transtiretina PAF

Amiloidosi dell’anziano

AGel Gelsolina PAF finlandese
AApoI Apolipoproteina A1 PAF dello Iowa
ACys Cistatina C Amiloidosi islandese
AFibA Catena a del fibrinogeno A PAF neuropatica con

nefropatia

ALys Lisozima PAF non neuropatica con

nefropatia

Tabella 1. Classificazione delle amiloidosi (da Harrison, Principles of Internal Medicine, modificato).

Epidemiologia. Le tre varietà più comuni di amiloidosi sistemica sono denominate AL, AA e ATTR. L’incidenza dell’amiloidosi AL è di 5.1-12.8 casi/1.000.000/anno, mentre quella dell’amiloidosi ATTR è circa un quinto della precedente; l’amiloidosi AA si colloca in posizione intermedia.

Patogenesi. Il processo di formazione delle fibrille è multifattoriale e sembra differire nei vari tipi di amiloide.

Nella amiloidosi AL (primaria o associata a malattie immunoproliferative - mieloma multiplo, macroglobulinemia di Waldenstrom-) un clone di plasmacellule midollari produce catene leggere delle immunoglobuline, appartenenti solitamente alla famiglia l VI; esse vengono processate e le porzioni variabili si depositano nella matrice extracellulare.

L’amiloidosi AA è secondaria a malattie infiammatorie croniche (artrite reumatoide, rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn, tubercolosi) o associata a febbre mediterranea familiare (FMF), malattia ereditaria, a carattere autosomico recessivo, con episodi ricorrenti di febbre e polisierositi, seguiti (fenotipo I) o preceduti (fenotipo II) da amiloidosi. In questo caso le fibrille amiloidi derivano da una proteina della fase acuta di origine epatocitaria, l’amiloide sierica A (SAA).

Le amiloidosi eredofamiliari costituiscono un gruppo di malattie a trasmissione autosomica dominante in cui vi è un coinvolgimento primario del sistema nervoso, tanto che si parla anche di polineuropatie amiloidosiche familiari (PAF). La forma più diffusa (ATTR) è causata dalla deposizione di una varietà mutante -ne esistono oltre 50- della transtiretina (TTR), sintetizzata nel fegato, che trasporta la tiroxina e la proteina legante il retinolo. Nonostante le forme mutanti di TTR siano presenti dalla nascita, la precipitazione tissutale e la conseguente amiloidosi insorgono solo dopo i 30 anni e in età senile. Varietà minori di PAF sono dovute all’accumulo di altre proteine mutate: la apolipoproteina AI, la gelsolina, la cistatina C, la catena a del fibrinogeno A, il lisozima.

L’amiloidosi associata ad emodialisi cronica (Ab2M) è una variante sistemica con deposizione di b2-microglobulina nel sistema muscolo-scheletrico. Causa sindrome del tunnel carpale, poliartriti, periartrite scapolo-omerale, cisti ossee con fratture patologiche.

Le amiloidosi localizzate insorgono in corso di svariate condizioni morbose e nell’invecchiamento. Nel diabete mellito di tipo II e nell’insulinoma a livello del pancreas precipita il polipeptide amiloide delle isole pancreatiche (IAPP); nel 20% dei casi di carcinoma midollare della tiroide si deposita la calcitonina. Nell’amiloidosi cardiaca senile in sede atriale è presente amiloide formata dal peptide natriuretico atriale. Nella malattia di Alzheimer e nella sindrome di Down a livello del sistema nervoso centrale si osservano fibrille costituite da amiloide b.

Clinica. Le manifestazioni cliniche dell’amiloidosi sono eterogenee, dipendono dalla natura biochimica della proteina presente nelle fibrille e dai siti interessati. L’esordio è spesso subdolo, con astenia e calo ponderale. Gli organi più spesso coinvolti sono il rene ed il cuore.

Rene. E’ interessato principalmente nell’amiloidosi AL (30% dei casi) e nella AA. Si ha solitamente proteinuria, talora sindrome nefrosica, acidosi tubulare o trombosi della vena renale. L’ipertensione è rara, anche con valori elevati di creatininemia. La nefropatia può progredire fino all’insufficienza renale e all’exitus.

Cuore. E’ più colpito nell’amiloidosi AL e nell’ATTR, raramente nella AA. Le manifestazioni più comuni sono l’insufficienza cardiaca congestizia, la cardiomegalia (con o senza soffi patologici) e le aritmie. Predominano i segni obiettivi dello scompenso cardiaco destro: incremento della pressione venosa giugulare, epatomegalia, edemi periferici e terzo tono all’auscultazione cardiaca. L’ecocardiografia mostra ipertrofia del ventricolo sinistro (e spesso anche del destro) e riduzione della motilità di parete. Nei casi severi, trombi atriali possono essere presenti anche in condizioni di ritmo sinusale e l’insorgenza di fibrilazione atriale è associata con un alto rischio di tromboembolia. Le anomalie all’ECG comprendono complessi QRS a basso voltaggio, difetti di conduzione, aritmie, quadri pseudo-infartuali in assenza di coronaropatia. Nei soggetti con scompenso cardiaco in corso di amiloidosi AL la sopravvivenza media è di 4 mesi, mentre nei pazienti con ATTR la sopravvivenza media è di 3.4 anni.

Milza. La splenomegalia è rara (5%) e non si associa a leucopenia o anemia.

Cute e mucose. Le lesioni, frequenti nell’amiloidosi AL, sono costituite da papule o placche ceree, raggruppate nel cavo ascellare, nelle regioni anale e inguinale, su volto, collo, orecchio e lingua. Possono esservi porpora ed ecchimosi periorbitali ("sindrome degli occhi neri"). Nel 20% dei casi vi è macroglossia, che con la coesistente tumefazione sottomandibolare può produrre ostruzione respiratoria e apnee notturne. Sono comuni alterazioni del gusto, e l’infiltrazione delle corde vocali può causare modificazioni del tono della voce. Talora può esserci distrofia ungueale o, raramente, alopecia.

Tratto gastroenterico. Può esservi un coinvolgimento diretto o un’infiltrazione del sistema nervoso. Si osservano alterazioni dell’alvo (ostruzione o diarrea), malassorbimento, perdite proteiche, spasmi esofagei, ulcere, emorragie.

Sistema nervoso. La neuropatia autonomica, che si manifesta con ipotensione posturale, alterazioni della sudorazione, raucedine ed incontinenza sfinterica, è frequente nelle amiloidosi eredofamiliari (70% dei casi). Nell’amiloidosi AL prevale la neuropatia periferica (17%) e la sindrome del tunnel carpale (21%). Nella malattia di Alzheimer si osservano depositi di amiloide nel sistema nervoso centrale.

Articolazioni e muscoli. Nell’amiloidosi AL si può avere una artrite simmetrica delle piccole articolazioni (con noduli, rigidità mattutina e affaticamento) che può simulare una malattia reumatica. L’interessamento della muscolatura del cingolo scapolo-omerale può causare la "sindrome della spalla imbottita".

Apparato respiratorio. L’amiloidosi polmonare colpisce in modo diffuso i bronchi e i setti alveolari, simulando talora una neoplasia; solitamente è asintomatica, benché sia di frequente riscontro nelle autopsie. Occasionalmente può causare dispnea, associata con un pattern reticolo-nodulare all’Rx torace e con una alterata diffusione del CO.

Emocoagulazione. Ci può essere deficit del fattore X della coagulazione per un legame calcio-dipendente alle fibrille amiloidi nella milza. La splenectomia può portare alla risoluzione del quadro clinico, caratterizzato da sanguinamenti diffusi.

Diagnosi. E’ necessaria la dimostrazione microscopica delle fibrille amiloidi, colorate con rosso Congo, in un campione tissutale ottenuto mediante biopsia. Nell’amiloidosi sistemica si esegue l’aspirato di un cuscinetto adiposo sottocutaneo oppure, più raramente, una biopsia cutanea, gengivale o rettale. Nell’amiloidosi localizzata, invece, si effettua un prelievo bioptico a livello dell’organo che appare coinvolto.

Una volta identificata, l’amiloidosi può essere classificata chimicamente. Dal momento che l’amiloidosi AL è il tipo più comune, il primo passo è ricercare una discrasia plasmacellulare clonale. Immunoglobuline monoclonali o catene leggere monoclonali si riscontrano nel 90% dei pazienti con amiloidosi AL attraverso l’immunoelettroforesi del siero e delle urine. Se il quadro clinico suggerisce un’amiloidosi AL, ma non si osservano catene leggere monoclonali con l’immunoelettroforesi, bisogna eseguire studi immunoistochimici con antisieri specifici per le catene leggere su campioni bioptici di midollo osseo. Se l’mmunoelettroforesi e la biopsia midollare sono negative, bisogna ricercare un’altra forma di amiloidosi. La presenza di una TTR mutante è dimostrata con l’isoelettrofocusing su siero, mentre studi genetici consentono di identificare il sito della mutazione. Se non vi è una TTR mutante, l’amiloidosi può essere secondaria o dovuta ad altre forme ereditarie. Nel primo caso la diagnosi si pone per l’associazione con malattie infiammatorie croniche e per il riscontro con l’immunoistochimica di depositi di amiloide AA. Nelle varietà eredofamiliari non dovute ad accumulo di TTR bisogna ricercare con l’isoelettrofocusing e con studi genetici la presenza di altre proteine mutanti.

Prognosi. L’amiloidosi ha decorso cronico ed è progressivamente ingravescente. Le cause di morte più frequenti sono l’insufficienza cardiaca e renale, più di rado emorragie gastroenteriche, insufficienza respiratoria, infezioni, aritmie. L’amiloidosi AL ha prognosi peggiore, con sopravvivenza media di 1-2 anni. I pazienti con amiloidosi ATTR possono sopravvivere 7-15 anni, mentre la prognosi dell’amiloidosi AA è condizionata dalla patologia cronica sottostante.

Terapia. Il trattamento è diretto sia verso l’organo colpito (terapia di supporto) che verso il singolo tipo di amiloidosi (terapia specifica). Gli obiettivi dovrebbero essere:

1) ridurre la produzione del precursore dell’amiloide;

2) inibire la sintesi e la deposizione extracellulare delle fibrille amiloidi;

3) favorire la mobilizzazione dei depositi di amiloide esistenti.

Nell’amiloidosi AL la chemioterapia orale con cicli MP (melphalan + prednisone), simili ai protocolli usati nel mieloma multiplo, aumenta la sopravvivenza media da 6 a12 mesi. Il trattamento con melphalan per via endovenosa ad alte dosi (200 mg/m2 di superficie corporea) associato con autotrapianto midollare di cellule staminali emopoietiche può portare alla remissione completa; la durata della remissione rimane peraltro da determinare, e la tossicità del trattamento ne impedisce l’utilizzo in pazienti anziani e con condizioni generali compromesse.

In caso di amiloidosi renale severa, si hanno risultati soddisfacenti con l’emodialisi e con il trapianto renale. L’interessamento cardiaco richiede diuretici e talora l’applicazione di un pacemaker. Nello scompenso cardiaco congestizio sono controindicati i calcioantagonisti e la digossina, che può dare tossicità anche a livelli terapeutici. In casi selezionati è stato effettuato il trapianto cardiaco, con risultati poco soddisfacenti.

Nella amiloidosi AA associata a febbre mediterranea familiare la colchicina previene gli attacchi acuti e impedisce la deposizione di nuova amiloide.

Il trapianto di fegato è molto efficace nell’amiloidosi ATTR, in quanto permette la rimozione del sito di produzione della TTR mutata. Tale strategia terapeutica può arrestare la progressione della malattia e migliorare la neuropatia autonomica e periferica.