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MALATTIA DA REFLUSSO GASTROESOFAGEO (MRGE o GERD)

Definizione

La malattia da reflusso gastroesofageo (GERD, Gastroesophageal Reflux Disease) è una patologia causata dalla retropulsione di contenuto gastrico nella porzione inferiore dell'esofago. È caratterizzata da un quadro clinico complesso che può o meno comprendere lesioni a carico della mucosa esofagea.

Il reflusso gastroesofageo, che rappresenta il determinante patogenetico della GERD, può manifestarsi occasionalmente anche negli individui sani. In genere, in condizioni fisiologiche, il reflusso è causato da un rilassamento transitorio del LES.

Le strutture che durante la deglutizione ostacolano il rigurgito di materiale gastrico in esofago sono:

  • i due sfinteri localizzati a livello della giunzione faringoesofagea (sfintere esofageo superiore) ed esofagogastrica (sfintere esofageo inferiore);
  • l'angolo di His, un angolo acuto formato dalle caratteristiche anatomiche e funzionali del punto di passaggio tra esofago e stomaco.

In particolare, lo sfintere esofageo inferiore (LES, Lower Esophageal Sphincter) rappresenta un elemento chiave nella regolazione del reflusso gastroesofageo.

In condizioni normali, il passaggio del bolo alimentare nello stomaco è favorito da una momentanea riduzione della tensione del LES che ne provoca l'apertura. Il successivo ristabilirsi della pressione del LES ne induce la chiusura impedendo il reflusso di materiale gastrico in esofago. Il reflusso si verifica proprio quando il normale gradiente di pressione tra LES e stomaco viene alterato.

La GERD è considerata una patologia multiforme indotta da diversi meccanismi patogenetici e comprendente un ampio spettro di manifestazioni cliniche e alterazioni morfologiche secondarie al reflusso.

 Epidemiologia

La malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) rappresenta la più comune affezione del tratto superiore del canale alimentare in tutto l'emisfero occidentale e interessa circa il 40% della popolazione.
Può essere a ragione definita come la più frequente manifestazione morbosa di interesse gastroenterologico.
In Italia affligge circa 4 milioni di persone.

La malattia colpisce prevalentemente le donne e sembra diventare più frequente con l'aumentare dell'età: tra 55 e 64 anni(1). L'incidenza della malattia è stimata intorno al 3% mentre un terzo della popolazione presenta sintomi da reflusso (non patologico).

Nonostante si tratti di una malattia cronica molto diffusa, le valutazioni di prevalenza e incidenza si basano più su stime che su dati oggettivi: la malattia è, infatti, caratterizzata da un quadro clinico piuttosto eterogeneo e solo i pazienti affetti dai sintomi più severi si rivolgono al medico per un consulto.
Questi dati variano molto anche a seconda che si riferiscano a casi di GERD con o senza esofagite: i sintomi della malattia si possono, infatti, manifestare associati o meno a lesioni flogistico erosive della mucosa esofagea.

La variabilità clinica della GERD viene rappresentata attraverso il concetto dell'iceberg(2). elaborato da Kitchen e Castell nel 1991. Secondo questa rappresentazione schematica la maggior parte (60-70%) dei soggetti affetti da GERD costituisce la porzione sommersa dell'iceberg: si tratta di individui che soffrono di sintomi sporadici, non presentano danno alla mucosa esofagea, non intraprendono nessun tipo di terapia o ricorrono all'automedicazione.
La porzione centrale dell'iceberg è costituita da pazienti (dal 25 al 40%) che accusano sintomi frequenti senza complicazioni e che possono richiedere cure mediche. La punta dell'iceberg è, infine, costituita da un piccolo gruppo di pazienti (<10%) con sintomi cronici, spesso associati a significative complicazioni, che possono richiedere l'ospedalizzazione.

(1) Gallup Survey, 1989.
(2) Kitchin LI, Castell, 1991. Rationale and efficacy of conservative theraphy for gastroesophageal reflux disease. Arch Intern Med. 151: 448-454

 Eziopatogenesi

Il reflusso gastroesofageo è un fenomeno che può essere sia fisiologico sia patologico.

In condizioni fisiologiche, si verifica quando viene meno il gradiente di pressione normalmente esistente tra LES e stomaco; gradiente che, a riposo, varia da 10 a 30 mmHg.

Nei soggetti sani si possono verificare da uno a quattro episodi post-prandiali di reflusso per ora: si tratta di fenomeni asintomatici di breve durata.

Quando frequenza e severità degli episodi di reflusso aumentano, determinando l'insorgenza di sintomi o lesioni alla mucosa esofagea, la condizione fisiologica diventa cronica ed evolve in GERD.

La GERD è caratterizzata da una multifattorialità eziopatogenetica il cui evento centrale è rappresentato dal contatto prolungato della mucosa esofagea con le sostanze acide e corrosive (HCl, pepsina, acidi biliari, tripsina e lisolecitina) contenute nel materiale refluito in esofago dallo stomaco.

In conseguenza del reflusso la mucosa esofagea viene a contatto con il contenuto gastrico e questa esposizione, specie se prolungata, può rendere inefficaci i meccanismi di difesa epiteliale dell'esofago determinando l'insorgenza di lesioni a carico della mucosa.

La GERD si manifesta, con un'ampia variabilità clinica ed evolutiva, per effetto di uno sbilanciamento tra fattori aggressivi (frequenza e durata del reflusso, acidità del reflusso) e fattori difensivi (barriera anireflusso, clearance esofagea e resistenza tissutale intrinseca).

Fattori difensivi

I fattori difensivi che intervengono nel contrastare l'insorgenza della GERD sono:

  • la barriera antireflusso (LES, diaframma crurale, angolo di HIS, legamento freno-esofageo);
  • la clearance esofagea (peristalsi, saliva, secrezione bicarbonatica, gravità);
  • la resistenza intrinseca tissutale (epiteliele ed ematica).

  Fattori aggressivi

I fattori aggressivi che intervengono nella patogenesi della GERD sono rappresentati principalmente dalle diverse componenti del refluito gastrico e duodenale: HCl, pepsina, acidi biliari e tripsina.

Acido cloridrico e pepsina in particolare, sono in grado di determinare lesioni alla mucosa gastrica. L'entità del danno arrecato dipende dal pH del refluito, dalla frequenza degli episodi di reflusso e dalla durata dell'esposizione acida dell'esofago(1).

Nel refluito possono occasionalmente essere presenti sostanze provenienti dal duodeno (bile ed enzimi pancreatici).

Possono essere considerati come fattori aggressivi anche quei meccanismi che, direttamente o indirettamente, determinano il reflusso o ne aggravano i sintomi.

Tra questi vi sono, ad esempio:

  • i farmaci che causano una riduzione nel tono del LES;
  • i farmaci lesivi della mucosa esofagea;
  • gli ormoni responsabili della diminuzione della pressione del LES;
  • il fumo;
  • il consumo di caffeina, cioccolato e cibi grassi;
  • la presenza di ernia iatale.

(1) Vaezi MF, Singh S, Richter SE, 1995. Role of acid and duodenogastric reflux in esophageal injury: a review of animal and human studies. Gastroenterology. 108: 1897-1907.

Ruolo dell'Helicobacter pylori

L'Helicobacter pylori è un batterio flagellato gram-negativo che svolge un ruolo importante nell'eziologia di numerose affezioni gastriche e duodenali. È capace di penetrare la barriera mucosa dello stomaco localizzandosi a livello delle fossette gastriche e producendo un enzima (ureasi) in grado di svolgere azione neutralizzante l'acidità dello stomaco e di produrre sostanze che indeboliscono la mucosa gastrica rendendola più vulnerabile all'azione lesiva di acido e pepsina. La sua presenza, in combinazione con secrezione acida, danneggia i tessuti di stomaco e duodeno, provocando infiammazioni croniche e ulcere.

Circa il 30-40% della popolazione mondiale risulta positivo all'H. pylori e si ritiene che l'infezione da H. pylori sia la causa principale delle ulcere gastriche e duodenali. In particolare, l'H. pylori causa:

  • gastriti (in circa il 50% della popolazione mondiale);
  • ulcere gastriche (in circa l'80%);
  • ulcere duodenali (in circa 90%)(1).
Inoltre, l'Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce nell'H. pylori un importante fattore di rischio (cancerogeno di Classe I) per l'insorgenza di cancro gastrico: si stima che circa il 30-40% dei carcinomi gastrici si sviluppi come complicazione tardiva dell'infezione da H. pylori.

Numerosi studi clinici dimostrano la presenza di H. pylori in corrispondenza di svariate affezioni del tratto gastrointestinale superiore:

condizione percentuale di pazienti positivi all'H. pylori
gastrite cronica 80%
dispesia cronica 50-70%
ulcera gastrica >70%
ulcera duodenale >90%
ulcera ricorrente 100%

L'obiettivo principale del trattamento di queste affezioni è l'eradicazione dell'H. pylori attuata prevalentemente attraverso la somministrazione di agenti antisecretori (PPI) e antibiotici.

(1) Marshall BJ, Warren JR, 1984. Unidentified curved bacilli in the stomach of patiens with gastritis and peptic ulceration. The Lancet. 1: 1311-1315

  Infezione da H. pylori e GERD

Benché il ruolo dell'infezione da H. pylori nella patogenesi della GERD non sia ancora del tutto chiaro, non sembra esistere una relazione di causalità tra infezione da H. pylori e incidenza della GERD. Al contrario, esistono evidenze sperimentali che suggeriscono un ruolo "protettivo" dell'H. pylori.

Dati epidemiologici(1) mostrano che i pazienti con GERD hanno la stessa incidenza di infezione da H. pylori rispetto al controllo. Analogamente, dati raccolti negli ultimi decenni sembrano suggerire l'esistenza di una correlazione inversa tra infezione da H. pylori e GERD: si è, infatti, osservato un decremento spontaneo nell'infezione H. pylori e, contemporaneamente, un aumento nella diffusione della GERD.

Studi condotti sul ruolo dell'infezione da H. pylori nell'insorgere dell'esofagite hanno evidenziato una minore prevalenza dell'infezione da H. pylori in pazienti affetti da esofagite rispetto al controllo. Mentre in altri che analizzavano i rapporti esistenti tra ulcera peptica e GERD l'insorgenza di esofagite da reflusso in pazienti affetti da ulcera duodenale in seguito all'eradicazione del batterio si è manifestata con una percentuale variabile dal 9 al 63% dei casi(2). La comparsa di esofagite dopo eradicazione del batterio potrebbe derivare dal ripristino di secrezione acida fisiologica.

Se la colonizzazione dell'H.pylori protegge dalla GERD, la sua eradicazione potrebbe aggravare la situazione patologica. In particolare, si è visto che in seguito a trattamento con omeprazolo, un PPI che modifica l'habitat del batterio, l'H. pylori può migrare dall'antro al corpo dello stomaco accelerando l'evoluzione della gastrite in lesione della mucosa gastrica(3). La presenza di gastrite cronica correlata a H. pylori nel corpo gastrico può determinare l'insorgenza di condizioni (atrofia gastrica e metaplasia intestinale) a rischio di trasformazione neoplastica

(1) McNamara D, O'Morain C, 1999. Gastro-oesophageal reflux disease and Helicobacter pylori: an intricate relation. Gut. 45(1): 13-17.
(2) Hua-Xiang H, Talley NJ, 1998. Helicobacter pylori infection, reflux esophagitis and antrophic gastritis: an unexplorated triangle. Am J Gatroenterol. 93: 394-400
(3) Kuipers et al, 1996. Antrophic gastritis and Helicobacter pylori infection in patients with reflux oesophagitis treated with omeprazole or fundoplication. N Eng J Med. 334: 1018-1022.

 


 Patologie associate

Le patologie esofagee sono in genere caratterizzate da alterazioni nelle funzioni proprie di questo organo. Dal punto di vista clinico, tipicamente si manifestano con l'insorgenza di tre sintomi principali: disfagia, rigurgito e dolore.

La malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) è una sindrome cronica multifattoriale il cui determinante patogenetico è rappresentato dal reflusso. I disturbi associati alla presenza di reflusso gastroesofageo sono numerosi, soprattutto quando questo si presenta con episodi ricorrenti. In conseguenza al reflusso, si verifica una prolungata esposizione della mucosa esofagea all'acido che può portare a sviluppare altre patologie o ad aggravare la condizione patologica in atto.

Se gli episodi di reflusso sono sporadici, non provocano, in genere, conseguenze significative. Se, invece, il contatto tra mucosa esofagea e materiale acido refluito in esofago è continuo, il reflusso gastroesofageo può irritare la mucosa causando esofagite. Questa condizione può, a sua volta, evolvere in ulcera e, nei casi più gravi, in stenosi esofagea.

Per quanto le complicanze del reflusso gastroesofageo varino molto da un paziente all'altro, le più frequenti sono:

  • esofagite (circa il 35% dei casi);
  • esofago di Barrett (circa il 10% dei casi);
  • stenosi (circa il 10% dei casi);
  • ulcere esofagee (circa il 5% dei casi).
Le emorragie sono piuttosto rare (<2% dei casi) così come le perforazioni che, quando presenti, sono associate alla sindrome di Zollinger-Ellison.

Molto discusso è anche il ruolo della GERD nell'insorgenza di complicanze a livello respiratorio. In alcuni casi la presenza di reflusso e di esofagite è associata a disturbi polmonari e laringei (asma bronchiale, fibrosi polmonare e stenosi laringea).

  Esofagite

L'esofagite peptica (o esofagite da reflusso) è un'infiammazione dell'esofago causata dalla prolungata esposizione della mucosa esofagea al contenuto acido gastrico refluito in esofago in conseguenza del reflusso.

L'esofagite può provocare difficoltà nella deglutizione e dare origine a perforazioni dell'esofago, emorragie e stenosi.

Il contatto tra esofago e materiale acido refluito dallo stomaco può, infatti, sviluppare ulcere e produrre stimoli irritativi che, a lungo andare, possono generare metaplasie dell'epitelio che riveste l'esofago.

L'infiammazione cronica della porzione terminale dell'esofago può predisporre a una rara complicanza denominata sindrome di Mallory-Weiss e caratterizzata da ematemesi e disfagia molto dolorosa. Si tratta di un disturbo piuttosto grave causato dalla lacerazione della mucosa e della sottomucosa e dalla perforazione dell'esofago nella sua porzione distale.

Diagnosi e classificazione

La presenza di esofagite viene diagnosticata strumentalmente attraverso l'esame endoscopico. L'endoscopia permette anche di valutare la gravità delle lesioni presenti.

L'esofagite peptica viene, infatti, classificata a seconda della gravità delle lesioni riscontrate. La classificazione secondo Savary-Miller riconosce esofagiti di cinque gradi:

  • grado 0: nessuna alterazione della mucosa (endoscopia negativa);
  • grado I: erosioni lineari non confluenti, iperemia;
  • grado II: erosioni confluenti non circonferenziali (che coinvolgono meno del 10% della superficie della mucosa);
  • grado III: erosioni occupanti l'intera circonferenza (che interessano dal 10 al 50% della superficie della mucosa);
  • grado IV: ulcerazioni profonde o erosioni confluenti che coinvolgono più del 50% della mucosa (ulcera, stenosi, Esofago di Barrett).
Esofagiti di grado 0 o I sono considerate forme lievi, quelle dal grado II al grado IV sono ritenute forme moderate-severe.

La possibilità di effettuare biopsie durante l'esame endoscopico permette di eseguire l'esame istologico, necessario per identificare la presenza di aree di metaplasia.

Trattamento

Il trattamento dell'esofagite ha un duplice scopo: eliminare la causa dell'infiammazione e curare i sintomi.
La terapia dell'esofagite peptica è sostanzialmente analoga a quella per il reflusso e può essere sia farmacologica che chirurgica. Il trattamento chirurgico, indicato nei casi di fallimento di quello farmacologico, interviene sui meccanismi responsabili del reflusso.

La terapia farmacologica prevede una fase a breve termine e una di mantenimento per evitare il rischio di recidive. Nel trattamento a breve termine si usano farmaci che bloccano il reflusso (alginati) o che riducono il potere lesivo del refluito e il tempo di esposizione all'acido della mucosa esofagea (procinetici, antiacidi, antisecretori, inibitori della pompa protonica).

Le lesioni provocate dall'esofagite hanno un'alta probabilità di ricaduta: circa nell'80% dei casi, alla sospensione del trattamento a breve termine si manifestano recidive. Per questo è necessario seguire una terapia di mantenimento, basata sostanzialmente sugli stessi farmaci impiegati in quella a breve termine (procinetici, H2 antagonisti, inibitori della pompa protonica)(1).

In casi di esofagiti particolarmente gravi si può intervenire con la parziale asportazione della porzione di esofago infiammata.


(1) Vigneri S et al, 1995. A comparison of five maintenance therapies for reflux esophagitis. N Engl J Med; 333:1106-1110.

  Esofago di Barrett

L'Esofago di Barrett (EB) rappresenta probabilmente la più importante complicanza della malattia da reflusso gastroesofageo (GERD). Numerosi dati clinici mostrano l'esistenza di una relazione causale tra l'insorgenza di EB e la presenza di reflusso gastroesofageo cronico(1).
L'EB è una condizione patologica caratterizzata dalla sostituzione localizzata dell'epitelio squamoso stratificato dell'esofago con un epitelio colonnare cilindrico. In genere questa sostituzione, che si verifica a livello della porzione distale dell'esofago, avviene nei primi 3 cm al di sopra dello sfintere esofageo inferiore (LES). A seconda dell'ampiezza di epitelio esofageo interessato dalla sostituzione, si distinguono due diverse condizioni: quando la sostituzione riguarda solo un piccolo tratto (inferiore ai 3 cm) si parla di Short Barrett (SB).
L'EB è presente in circa il 12% dei pazienti con reflusso cronico, mentre il SB nel 18%(2).

La causa principale dell'EB è la presenza di reflusso cronico che provoca un'esposizione continuata della mucosa esofagea al materiale gastrico refluito in esofago. Questo contatto tra mucosa e acido induce la progressiva sostituzione delle cellule epiteliali e porta allo sviluppo di un epitelio colonnare, simile a quello dell'intestino, che risulta più resistente all'acido. La sostituzione avviene per progressiva risalita dell'epitelio colonnare dalla giunzione esofago gastrica.

L'EB può o meno essere associato alla presenza di ulcera ed è una condizione predisponente all'adenocarcinoma dell'esofago (2-5% dei casi).


(1)Giuli R, 1992. The story of a modern desease. Dis of Esophagus; 5:5-12.
(2)Navaratnam RM, Winslet MC, 1998. Barrett's oesophagus. Prostgrad Med J; 74:653-657.

Sintomi

I sintomi dell'Esofago di Barrett (EB) sono gli stessi tipici della GERD: rigurgito e pirosi.
Spesso, però, l'EB può presentarsi in maniera asintomatica: circa il 25% dei pazienti con diagnosi di EB non presenta alcun sintomo associato al reflusso(1).
La sostituzione del normale epitelio pavimentoso esofageo con epitelio colonnare cilindrico, simile a quello presente nell'intestino e più resistente all'acido, può migliorare la sintomatologia associata al reflusso.
La presenza di EB in pazienti affetti da GERD può quindi causare sollievo nei sintomi avvertiti. In particolare, il dolore tipicamente associato alla pirosi risulta spesso alleviato.


La presenza di EB è spesso associata a ulcera.


(2)Spechler SJ, 1989. Barrett's esophagus: What's new and what to do. Am J Gastroenterol; 84:220-23.

Diagnosi

In genere l'Esofago di Barrett colpisce di più gli uomini delle donne e la sua frequenza nella popolazione aumenta con il passare dell'età: nella maggior parte dei casi, la diagnosi viene fatta dopo i 60 anni.

Non è ancora chiaro se si tratti di una condizione congenita o se sia invece sempre causata dalla presenza di reflusso cronico e di esofagite. Studi recenti sembrano ipotizzare un'origine genetica della malattia che, spesso, è presente in più membri della stessa famiglia(1).

La diagnosi di Esofago di Barrett (EB) viene effettuata per via istologica, anche se una prima indicazione è fornita dall'esame endoscopico.

Dall'esame istologico si distinguono tre varianti di EB:

  1. gastrico giunzionale o cardiale, presenza di epitelio superficiale colonnare e ghiandole mucose di tipo cardiale;
  2. gastrico fundico, presenza di epitelio simile a quello gastrico con ghiandole separate da connettivo;
  3. gastrico specializzato, presenza di epitelio costituito da cellule colonnari e caliciformi (globet cells) e ghiandole siero-mucose.
Diagnosticare precocemente la presenza di EB è importante soprattutto in considerazione delle potenzialità evolutive in senso neoplastico della malattia.


(1)Romero Y, Cameron AJ; Locke GR III, et al, 1997. Familiar aggregation of gastroesophageal reflux in patients with Barrett's esophagus and esophageal adenocarcinoma. Gastroenterology; 113: 1449-1456.

Trattamento

Il trattamento dell'Esofago di Barrett è di tipo farmacologico, chirurgico ed endoscopico.

La terapia farmacologica dell'EB prevede l'utilizzo di farmaci antireflusso: inibitori della pompa protonica (PPI) in associazione con procinetici e alginati. In genere il trattamento farmacologico riduce i sintomi da reflusso ma non è in grado di far regredire in maniera significativa la sostituzione epiteliale.

La terapia chirurgica prevede l'utilizzo delle stesse tecniche impiegate per il trattamento del reflusso gastroesofageo. L'intervento più largamente usato è la fundoplicatio di Nissen.

La terapia endoscopica consiste nella distruzione dell'epitelio colonnare e serve a prevenire la sua eventuale trasformazione in senso neoplastico e a ripristinare il normale epitelio pavimentoso esofageo. Le principali tecniche utilizzate sono: la laserterapia; la terapia fotodinamica e la coagulazione multipolare.

  Stenosi esofagea

La stenosi esofagea consiste in un restringimento del lume esofageo, solitamente localizzato a livello dell'esofago distale, all'altezza della giunzione gastroesofagea.

Il quadro clinico è tipicamente caratterizzato da disfagia, odinofagia e ritenzione di materiale alimentare che può causare dilatazione dell'esofago.

Oltre a essere una complicanza indotta dall'esposizione acida della mucosa esofagea, la stenosi può presentarsi anche come condizione secondaria a un danno iatrogeno.

Si distinguono due condizioni:

  1. stenosi indotta da malattia da reflusso gastroesofageo (GERD);
  2. stenosi causata da fibrosi cicatrizale stabilizzata.

Le prime si trattano con una terapia antireflusso, le seconde ricorrendo a dilatazioni endoscopiche, attuate secondo diverse tecniche dilatative (Eder-Puestow o Savary).

  GERD e malattia respiratoria

Molti pazienti affetti da malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) presentano sintomi di tipo extraesofageo: nel 10-60% dei casi si manifestano sintomi di tipo respiratorio.

Le principali manifestazioni respiratorie associate alla GERD sono:

  • asma;
  • bronchiti croniche;
  • tosse cronica;
  • laringite;
  • polmoniti ricorrenti.
Per quanto riguarda l'associazione tra asma e GERD non è ancora chiaro quale sia la relazione causale esistente tra le due manifestazioni. Sono state proposte due diverse ipotesi eziologiche:
  1. la GERD funziona da fattore scatenante l'asma;
  2. la GERD è secondaria all'asma.
Nel primo caso, sono stati ipotizzati due meccanismi con cui il reflusso potrebbe scatenare attacchi d'asma: la microaspirazione del refluito e l'attivazione dei riflessi vagali.
Secondo la teoria della microaspirazione, l'aspirazione di piccole quantità di materiale acido refluito in esofago determina broncocostrizione causando dispnea. Secondo la teoria del riflesso vagale, invece, il refluito gastrico induce un riflesso vagale che determina il broncospasmo.

Le crisi asmatiche indotte dal reflusso sono prevalentemente notturne.

Secondo l'ipotesi che vuole la GERD secondaria all'asma, è la presenza di asma cronica a determinare cambiamenti nella pressione dello sfintere esofageo inferiore (LES) favorendo il reflusso.

La GERD può anche essere responsabile di patologie ab ingestis (polmonite, ascessi polmonari).
La comparsa di sintomi a livello polmonare è frequente nei pazienti in età geriatrica.