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LE TAPPE IMPORTANTI NELLO STUDIO DELLA RETINOPATIA IPERTENSIVA

Dalla prima classificazione di retinopatia ipertensiva di Keith, Wagener e Barker alla fine degli anni ‘30 si arriva con Scheie (1953) alla differenziazione fra lesioni dovute all’ipertensione e lesioni dovute all’arteriolosclerosi.

Un ulteriore passo avanti è la classificazione di Leishmann (1953) che prende in considerazione anche i cambiamenti della morfologia retinica dovuti all’invecchiamento.

1939: KEITH N M, WAGENER H P, BARKER N W: Some different types of essential hypertension: their course and prognosis. Am J Med Sci, 197; 332-343; 1939
 

Duecento pazienti con ipertensione essenziale sono stati divisi in 4 gruppi basandosi su: pressione arteriosa, manifestazioni cliniche, alterazioni retiniche, altri danni d’organo.

 

Gruppo 1: lievissime alterazioni retiniche (lieve restringimento arteriolare), assenza di danni d’organo, ipertensione lieve.

Gruppo 2: valori pressori più elevati, scarsi sintomi clinici, maggiore restringimento delle arterie retiniche e comparsa dei segni di sclerosi, conservata funzionalità renale e cardiaca.

Gruppo 3: ipertensione severa, maggior danno retinico (comparsa di essudati cotonosi o emorragici), ma poichè la diagnosi era per questi soggetti effettuata precocemente non erano ancora evidenziabili grossi segni di insufficienza cardiaca, renale, retinica o del circolo cerebrale.

Gruppo 4: valori pressori molto elevati, comparsa di papilledema, danni d’organo evidenti.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a biopsia del muscolo pettorale per avere informazioni sullo stato delle arterie periferiche.

Tutti i pazienti sono stati seguiti con un follow-up negli anni successivi per valutare la mortalità.

Per tali gruppi sono stati valutati: sopravvivenza nei mesi e negli anni successivi, presenza di danni d’organo, presenza e tipo di alterazioni nelle arteriole muscolari lisce, alterazioni ECG, radiografia cardiaca.

La mortalità nei 5 anni risulterebbe direttamente proporzionale al danno retinico essendo rispettivamente del 4%, 20% 80% e 98% per i gruppi dal I al IV.

Inoltre fra due pazienti con uguali danni d’organo, quelli con una retinopatia ipertensiva più drammatica hanno una prognosi peggiore. Per questi ultimi sarà utile instaurare tempestivamente una efficace terapia antipertensiva: quindi dalla valutazione oftalmoscopica deriva un’utile indicazione terapeutica.

1947: WAGNER HP, CLAY GE, GIPNER JF: Classification of retinal lesion in presence of vascular hypertension: report submitted by the committee. Trans Am Opftalmol Soc: 45; 57, 1947.
 

Questa classificazione comprende sia gli effetti dell’ipertensione acuta (vasospasmo) che dell’ipertensione cronica (sclerosi).

1950: VOGELIUS H, BECHGARD P: The ophtalmoscopical appearance of the fundus oculi in elderly persons with arteriosclerosis and normal blood pressures. Br J Ophtal 34: 404-408, 1950.
 

124 soggetti normotesi con età compresa fra i 40 e gli 80 anni sono stati sottoposti ad esame oftalmologico.

Dopo i 60 anni, circa il 50% dei soggetti presenta a livello retinico: restringimento arteriolare, aumento del riflesso alla luce, aumento dei difetti agli incroci arterovenosi.

1953: SCHEIE HG: Evalutation of oftalmologic changes of hypertension and arteriolar sclerosis. Arch Ophthal 49: 117, 1953.
 

Viene proposta una nuova classificazione della retinopatia ipertensiva: la premessa è che le alterazioni retiniche determinate dall’ipertensione e l’arteriolosclerosi hanno un diverso significato, e dovrebbero perciò essere valutate con due scale separate. Il danno retinico ipertensivo può essere valutato sulla base del restringimento arteriolare, degli spasmi focali, degli essudati e dell’edema della papilla; in base a questi elementi si possono classificare i soggetti in 5 gradi: da "normale" fino a "4° grado". Il vantaggio di questo criterio è che questo tipo di classificazione dovrebbe essere riproducibile anche se effettuata da diversi osservatori.

 

Normale: comprende pazienti normotesi o con ipertensione lieve che non presentano anomalie retiniche.

1° grado: si evidenziano restringimenti arteriolari, soprattutto nei rami più piccoli. Non ci sono irregolarità di calibro. Tale quadro può essere visto nell’eclampsia gravidica o nell’ipertensione di rapida insorgenza dei soggetti giovani, quadri cioè in cui non c’è un tempo sufficiente per lo sviluppo dei fenomeni arteriolosclerotici. Ovviamente le modifiche minime sfuggono facilmente all’osservazione oftalmoscopica.

2° grado: il restringimento arteriolare è più pronunciato con irregolarità del diametro arteriolare; queste vengono interpretate come spasmi focali o contrazioni localizzate dalla parete arteriolare: in assenza di sclerosi e nei soggetti giovani assumono un particolare significato prognostico.

3° grado: il restringimento arteriolare e gli spasmi focali sono accompagnati da essudati emorragici e cotonosi.

4° grado: a tutti gli elementi precedenti si aggiunge il papilledema.

L’arteriolosclerosi sarebbe una conseguenza dell’ipertensione. Infatti il suo sviluppo è accelerato da elevati valori pressori, mentre con ipertensioni di grado lieve-moderato impiega anni a svilupparsi; la sua classificazione si basa sulle caratteristiche del riflesso luminoso sull’arteriola, e sui difetti agli incroci arterovenosi.

 

1° grado: riflesso allargato e lieve compressione dell’arteriola sulla vena.

2° grado: accentuazione del 1° grado.

3° grado: il riflesso è paragonabile a quello di un filo di rame e la compressione è notevole con fenomeni di dilatazione o deviazione della vena in prossimità dell’incrocio.

4° grado: riflesso arteriolare come un filo d’argento, scomparsa della vena in prossimità dell’incrocio.

L’arteriolosclerosi si manifesta con inspessimento della parete del vaso; questo è il motivo dell’aumento e dell’allargamento del riflesso luminoso. Le alterazioni morfologiche agli incroci artero-venosi sono il risultato della compressione dell’arteriola sulla vena nel punto in cui condividono la medesima avventizia.

Quindi nella classificazione di Scheie ci sono due categorie di elementi con significato diverso: danni retinici da ipertensione e da arteriolosclerosi.

Il danno retinico da ipertensione si manifesta inizialmente con un aumento del tono arteriolare ed eventualmente con zone di vasospasmo; in seguito si intensifica in maniera direttamente proporzionale alla durata e/o all’intensità dello stato ipertensivo.

L’arteriolosclerosi rappresenta un’ulteriore modifica morfologica all’elevata pressione intravascolare con una successione tipo "wear and tear" (wear = adattamento funzionale: ipertono; tear = adattamento morfologico: ipertrofia e possibile sclerosi).

La tabella 3 mostra come si possa passare dai vari quadri di retinopatia ipertensiva ai vari quadri di retinopatia arteriolosclerotica.

  

Tabella 3

CLASSIFICAZIONE di SCHEIE (da Scheie, 1953, modificata)

IPERTENSIONE

ARTERIOLOSCLEROSI

1957: LEISHMAN R: The eye in general vascular desease: hypertension and arteriosclerosis. Brit J Ophtal 41: 641, 1957.
 

Leishman propone una nuova classificazione per il danno retinico e l’arteriolosclerosi nell’ipertensione. La novità è che per la prima volta viene preso in considerazione il fatto che il quadro retinico non è influenzato solo dai valori pressori ma anche dall’età del paziente e dal grado della sclerosi preesistente all’insorgenza dello stato ipertensivo.

 

Gruppo 1: "sclerosi involutiva" è il quadro che si rileva costantemente nei soggetti con età superiore ai 60 anni ed è considerato normale in questa fascia di età. Il disco è generalmente più pallido e lievemente ellittico.

Le arteriole retiniche sono più dritte e vagamente più pallide con tendenza a biforcarsi ad angolo acuto. Le pareti non sono visibili. Le vene non sono congeste distalmente agli incroci arterovenosi. Generalmente i valori pressori mostrano un aumento della sistolica non sempre accompagnato da un corrispondente aumento della diastolica. Si ipotizza una diminuzione della pressione periferica.

Gruppo 2: sclerosi involutiva con ipertensione. Questa situazione corrisponde a quella di un’ipertensione che si verifica in un soggetto con arteriole già "difese" dalla sclerosi senile (tabella 4). Le piccole arteriole ed una parte di quelle più grandi sono dritte ed assottigliate; segmenti d’ampio calibro si alternano a segmenti con calibro più ristretto. Non si evidenziano alterazioni agli incroci arterovenosi, se non una colorazione più marcata della vena distalmente all’incrocio. Tale quadro si rileva in ipertesi anziani od in giovani soggetti ipertesi con precoci alterazioni senili; la maggior parte dei pazienti ipertesi seguiti ambulatorialmente cade in questo gruppo. La loro pressione sistolica è di circa 200 mmHg; la diastolica è compresa fra i 95 ed i 120 mmHg.

CLASSIFICAZIONE di LEISHMAN (da Leishman, 1957, modificata)

 

Gruppo 3: sclerosi involutiva avanzata con ipertensione. Le arteriole principali sono inaspettatamente rosse, ampie e tortuose nel decorso dal disco alla periferia. Non si apprezzano variazioni nel calibro dei vasi principali. I rami arteriolari di 2° e 3° ordine sono relativamente pallidi, dritti ed assottigliati. Non c’è dilatazione della vena all’incrocio arterovenoso, ma si può notare la presenza di congestione venosa distale, in qualcuno degli incroci arterovenosi. Questo gruppo di soggetti presenta pressioni mediamente più elevate che il gruppo 2, ma il più delle volte tali pazienti sono asintomatici, e non sono a conoscenza della loro ipertensione arteriosa, anche se arrivano a presentare una PAD di 140 mmHg. L’ipotesi è che alti livelli di pressione arteriosa diastolica siano ben tollerati in vasi già diffusamente fibrotici.

Gruppo 4: fundus normale in soggetti giovani normotesi. Il pigmento retinico si presenta di consistenza uniforme e non c’è degenerazione colloide. Le arterie retiniche sono di diametro ampio, con decorso dolcemente sinuoso e con ramificazione ad angolo ottuso.

Gruppo 5: ipertensione precoce in soggetti giovani. La risposta iniziale di vasi di soggetti giovani all’insorgenza di uno stato ipertensivo è un ipertono diffuso (è quanto si vede ad esempio nelle glomerulonefriti acute in età pediatrica e nell’eclampsia gravidica). La colonna ematica ha un colore meno intenso. Le vene sono congeste ma non dilatate distalmente agli incroci. Il quadro è molto simile a quello di un soggetto anziano normoteso, ma con sclerosi involutiva.

Gruppo 6: ipertensione maligna. Altri valori pressori su vasi non "difesi" da sclerosi causano essudati (emorragici, cotonosi) e papilledema. La retina è spesso diffusamente edematosa. Il calibro delle arteriole è ridotto. La colonna ematica è pallida. Distalmente agli incroci le vene sono dilatate. In zona maculare e peripapillare si formano essudati chiari a bordi netti. Gli essudati cotonosi si ritrovano accanto alle piccole arterie. Possono esserci trombi arteriolari. Il gruppo di età è prevalentemente giovanile. La pressione arteriosa diastolica raggiunge i 160 mmHg. Si ha un calo del visus. Si assiste quindi a questa sequenza: ipertono, iperplasia, necrosi cellulare acuta, trombosi arteriolare, "insufficienza vascolare" (deficit perfusivo).

Gruppo 7: ipertensione grave con sclerosi reattiva. Si tratta del quadro di una retina giovane e reattiva che risponde vivacemente allo stimolo ipertensivo. Si ha una progressione di questo tipo; ipertono, iperplasia, fibrosi, sclerosi. La papilla è normale. Le arteriole sono più tortuose. C’è un ostacolo al deflusso venoso per gli schiacciamenti arterovenosi. Le vene dilatate e tortuose distalmente agli incroci. Le arteriole, particolarmente quelle più distali, sono dritte ed assottigliate a causa dell’ipertono. L’ipertensione agisce quindi su vasi che sono giovani ed ancora reattivi. Se la situazione ipertensiva è persistente si passa dal semplice ipertono all’ipertrofia ed iperplasia e successivamente alla fibrosi.

1966: BRESLIN DJ, GIFFORD RW, FAIRBAIRN JF, KEARNS TP: Prognostic importance od ophthalmoscopic findings in essential hypertension: JAMA 195, 335 e seg., 1966.
 

Dal 1940 al 1966 nella Mayo Clinic si sono seguiti 540 dei 631 pazienti ipertesi che erano stati registrati per ipertensione nel 1940. I pazienti sono stati divisi in quattro gruppi dipendentemente dalla pressione diastolica (100, 120, 140 mmHg), ed in gruppi secondo i criteri di Keith e coll. per la retinopatia ipertensiva. Il danno retinico e la pressione arteriosa sono stati correlati con sopravvivenza a 20 anni, danno cardiaco e danno renale.

1992: DAHLOEF B, STENKULA S, HANSON L: Hypertensive retinal vascular changes. Relationship to left ventricular hypertrophy and arteriolar changes before and after treatment. Blood Pressure. 1: 1-10; 1992.
 

In 28 pazienti con ipertensione essenziale, lieve-moderata, non precedentemente trattati, sono state effettuate foto del fondo oculare. Le foto sono state valutate da due osservatori indipendenti secondo una scala tipo "Keith-Wegener-Baker" modificata.

 

(Al riflesso arteriolare, al restringimento, alle alterazioni agli incroci artero-venosi vengono assegnati punteggi da 0 a 4; la somma di questi punteggi viene definita poi "indice vascolare" retinico e va da 0 a 12).

I pazienti sono stati divisi in quattro gruppi dipendentemente dai valori della pressione arteriosa media. Si sono rilevate correlazioni positive fra pressione arteriosa, alterazioni retiniche, spessore della parete del ventricolo sinistro e resistenza minima vascolare.