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AMIODARONE

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AMIODARONE E TIROIDE
A cura del Dott. Mario Salvi
Specialista in endocrinologia- SIMG Bergamo

I vari effetti del’amiodarone sulla tiroide sono dovuti al fatto che questo farmaco contiene una rilevante quantità di iodio, che può indurre anomalie dei test di funzionalità tiroidea oppure una vera e propria disfunzione tiroidea, clinicamente evidente. Il contenuto di iodio nella molecola di amiodarone corrisponde al 37% del suo peso e quindi con una posologia giornaliera di 200-600 mg di amiodarone, si somministrano circa 70-200 mg di iodio di cui circa il 10% (7-20 mg) viene metabolizzato e reso disponibile per la captazione da parte della tiroide e di vari altri tessuti, quali fegato, tessuto adiposo etc. Il fabbisogno iodico giornaliero per un normale funzionamento della tiroide è nell’ordine di 150-300 mcg di iodio e quindi l’assunzione di amiodarone è causa di un marcato eccesso iodico (circa 100 volte il fabbisogno). Inoltre l’amiodarone ha un’emivita di circa 40-50 gg e quindi anche un’assunzione del farmaco con posologia ridotta (4-5 volte la settimana), come spesso consigliata dai cardiologi, non modifica l’eventuale effetto sulla funzionalità tiroidea.

DISTURBI DELLA FUNZIONE TIROIDEA INDOTTI DALL’AMIODARONE
L’effetto dell’amiodarone sulla tiroide è sostanzialmente dovuto a 3 meccanismi diversi:

  1. un effetto sul metabolismo degli ormoni tiroidei;
  2. un danno diretto citotossico sul tessuto tiroideo;
  3. un effetto iodio-indotto sulla funzionalità tiroidea.
 
  1. L’effetto sul metabolismo degli ormoni tiroidei è evidente anche in soggetti che non sviluppano una disfunzione tiroidea. Questo è dovuto all’interferenza dell’amiodarone sugli enzimi di conversione della T4 a T3. In genere i pazienti in terapia con amiodarone presentano concentrazioni ematiche basse o ai limiti bassi della T3 libera, alti o ai limiti alti della T4 libera e tendenzialmente ai limiti superiori del TSH. Questi possono essere transitoriamente al di fuori dei limiti di normalità nelle prime settimane di trattamento, ma se poi rientrano nei limiti non riflettono una disfunzione tiroidea significativa.
     
  2. Il diretto effetto citotossico della molecola di amiodarone sulla tiroide non è stato completamente chiarito, ma si pensa che possa causare una forma di tireotossicosi da distruzione del tessuto tiroideo simile a quanto si osserva nelle tiroiditi subacute a eziopatogenesi virale. E’ possibile che anche lo iodio liberato durante il metabolismo dell’amiodarone possa aumentare l’effetto di danno sulle cellule tiroidee.
     
  3. L’effetto dello iodio sulla tiroide è duplice: può indurre un’aumentata sintesi di ormoni tiroidei in quanto ne costituisce il substrato metabolico, oppure può indurre un blocco o una riduzione della funzionalità tiroidea, di solito in soggetti con preesistenti patologie della tiroide non clinicamente evidenti, per l’azione di autoregolazione dello iodio nella fisiopatologia tiroidea.

L’incidenza delle disfunzioni tiroidee nei pazienti trattati con amiodarone è del 14-18%.
La tireotossicosi indotta da amiodarone è in genere più frequente nelle aree geografiche a relativa carenza iodica, con un’incidenza intorno al 10% in Europa (Italia inclusa) e del 2-3% negli stati Uniti. L’ipotiroidismo indotto da amiodarone è più frequente nell regioni a normale apporto iodico, con un’incidenza di circa il 20-22% negli Stati Uniti e del 5% in Italia.

TIREOTOSSICOSI DA AMIODARONE
La tireotossicosi da amiodarone è predominante nei pazienti di sesso maschile, con un rapporto di 3:1 rispetto a quello femminile, e può svilupparsi sia presto che tardi nel corso del trattamento, o anche dopo la sua sospensione, per via della lunga durata di permanenza dell’amiodarone nei tessuti.
Può svilupparsi sia in pazienti con una tiroide normale, sia in quelli con preesistenti anomalie. In quest’ultimi in genere è causata da un’aumentata sintesi di ormoni tiroidei per l’eccesso di iodio. Se la malattia preesistente è un gozzo nodulare o una malattia di Graves/Basedow l’esecuzione di una iodocaptazione può mostrare dei valori normali o elevati, nonostante l’eccesso di iodio, soprattutto in aree a carenza iodica come l’Italia. Questa forma di tireotossicosi da amiodarone da alcuni autori è indicata come Tipo 1.
La tireotossicosi che si sviluppa in pazienti con una tiroide apparentemente normale è invece causata da un processo distruttivo del tessuto tiroideo, come in una tiroidite subacuta. Questa forma di tireotossicosi è indicata come Tipo 2 ed è caratterizzata da una bassa o quasi assente iodocaptazione.
La terapia della tireotossicosi da amiodarone è spesso difficile. E’ senz’altro utile cercare di riconoscere di quale tipo si tratta, anche se non sempre è facile.

Nel Tipo 1, l’obiettivo del trattamento è di ridurre la sintesi di ormoni tiroidei e questo può richiedere l’impiego di alte dosi di antitiroidei, ad es. metimazolo 40-60 mg/die. Alcuni autori suggeriscono di aggiungere, nelle prime settimane di trattamento, anche il perclorato di potassio 1g/die.
Nel Tipo 2, che è una tirodite distruttiva indotta dall’amiodarone e dallo iodio, gli antitiroidei non sono utili. E’ invece indicato un ciclo di terapia steroidea con ad es. prednisone 50-80 mg/die a scalare per 6-12 settimane.
E’ tuttora non chiaro se la terapia con amiodarone debba essere interrotta oppure no, in quanto le forme di tireotossicosi più modesta sembrano essere transitorie.

IPOTIROIDISMO DA AMIODARONE
L’ipotiroidismo da amiodarone è più frequente nei soggetti di sesso femminile, con un rapporto di 1.5:1 rispetto a quello maschile, in quelli di età più avanzata e con preesistenti malattie tiroidee, in particolare la tiroidite autoimmune (di Hashimoto). Il meccanismo patogenetico più probabile si basa sull’effetto iodio-indotto di esacerbazione di preesistenti alterazione dell’ormonogenesi tiroidea.
In questo caso l’obbiettivo del trattamento è la terapia sostitutiva con L-tiroxina. Nei pazienti con preesistente tiroidite di Hashimoto sarà probabilmente necessario aumentare la dose sostitutiva già in corso, mentre nei soggetti non precedentemente la terapia verrà instaurata de novo.
In questi pazienti non è necessario sospendere la terapia con amiodarone, sempre che il cardiologo ritenga di poter usare altri farmaci. In questo caso è opportuno rivalutare la funzionalità tiroidea, dosando TSH e FT4, dopo la sospensione è possibile che in alcuni pazienti la funzione tiroidea si normalizzi.

SCHEMA SUGGERITO AL MMG PER IL MONITORAGGIO DELLA FUNZIONALITA’ TIROIDEA NEL PAZIENTE IN TERAPIA CON AMIODARONE.

Prima (o all’inizio) della terapia con amiodarone:

  1. anamnesi familiare/personale per tireopatie o autoimmunità,
  2. palpazione del collo per evidenziare gozzo o noduli tiroidei;
  3. dosaggio AbTPO e TSH;
  4. eventuale ecografia tiroidea se c’è dubbio di un gozzo.

Durante la terapia con amiodarone:

  1. dosaggio TSH dopo 6-8 settimane dall’inizio della terapia;
  2. se normale, ripetere ogni 6 mesi TSH;
  3. se elevato: inizio della terapia sostitutiva con L-tiroxina (ev. consulto specialistico) poi, monitoraggio del TSH ogni 6 mesi durante la terapia sostitutiva.
  4. se TSH inferiore alla norma consultare specialista endocrinologo e cardiologo (per eventuale sospensione dell’amiodarone).


CONCLUSIONI

La gestione del paziente in terapia con amiodarone può essere nella maggior parte dei casi in carico solo al medico di MMG in quanto la frequenza delle disfunzioni tiroidee è intorno al 15% dei pazienti trattati. Di questi un terzo probabilmente svilupperà ipotiroidismo che può essere controllato con la terapia sostitutiva con L-Tiroxina e monitoraggio semestrale, senza dover ricorrere, nella gran parte dei casi, alla sospensione dell’amiodarone.
Ben altro problema è l’inquadramento clinico e la terapia della tireotossicosi da amiodarone che, a mio parere deve essere gestita, almeno nei mesi iniziali, dallo specialista endocrinologo. E’ evidente in quella patologia la difficoltà di un’adeguata condotta terapeutica, spesso confusa per le molteplici azioni che il farmaco amiodarone ha sulla funzionalità tirodea.

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Dottor Mario Salvi,
Istituto Scienze Endocrine – Università di Milano
Via Mazzi, 28 - 24124 Bergamo
mariomich@lombardiacom.it

 
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